Nell’ultimo anno abbiamo conosciuto la realtà delle scuole parentali del nord Italia e ci si è aperto un mondo di alternative, stimoli e creatività.

Nell’ordinanza ministeriale n. 330 del 27/5/1997, all’art. 4, è scritto che: “Per scuola familiare si intende l’attività di istruzione elementare svolta direttamente dai genitori o da persona a ciò delegata dai genitori stessi. Gli alunni che assolvono all’obbligo con tale modalità sono ammessi a sostenere gli esami di idoneità o gli esami di licenza in una scuola elementare di Stato, nel circolo di competenza territoriale rispetto alla residenza della famiglia…

Homeschooling o scuola parentale?

I genitori che per una ragione o per l’altra non vogliono/possono usufruire della scuola statale possono scegliere due alternative distinte.  

In Italia homeschooling e scuola parentale sono poco conosciuti e spesso scambiati. Facciamo chiarezza:

  • parliamo di Homeschooling quando i genitori decidono di assumere personalmente l’istruzione dei propri figli e organizzano un piano di lezioni e didattica individuale nella loro casa.
  • parliamo di Scuola Parentale quando i genitori possono iscrivere il proprio figlio ad un servizio vero e proprio (con orari, spazi e attività dedicati)

Come nascono le scuole parentali?

Si tratta di associazioni solitamente nate dall’aggregazione di genitori che volevano qualcosa di diverso per i loro bambini; una didattica più attiva, stimoli e creatività, meno omologazione e più attenzione verso le predisposizioni del singolo. In ogni scuola parentale i genitori sono coinvolti e attivi nella quotidianità dei bambini ed è proprio questo a renderle speciali e a misura di famiglia.

Ma i bambini imparano davvero?

Molti pensano erroneamente che non si tratti di “scuole” solo perché hanno scelto didattiche innovative rispetto alla scuola frontale. Si finisce così per avere dei dubbi sulla preparazione dei bambini. In realtà seguono gli stessi programmi ministeriali della scuola statale con tanto di esami annuali per monitorare il livello di preparazione. 

“in caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza”; tuttavia, ha introdotto l’obbligo, per i minori in istruzione parentale di sostenere “annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione”.

Come sono organizzate?

Le scuole hanno orari pressoché uguali a quelli della scuola pubblica, 8-16,30 circa ma potrebbe capitare che alcune scuole facciano scelte diverse. Ad esempio abbiamo conosciuto una meravigliosa scuola in cui le lezioni terminavano alle 14. La spiegazione? I bambini hanno bisogno di trascorrere del tempo anche con i genitori. E’ una scelta scomoda ma ammirevole che ho molto apprezzato, in linea con la presentazione della scuola ” qui i bisogni del bambino sono al centro, non quelli del genitore“.

Gli ambienti sono molto famigliari, caldi e a volte essenziali nelle proposte perché in questo modo il bambino ha modo di scegliere in modo autonomo e concentrarsi. Solitamente la maggior parte delle scuole parentali sono ispirate da metodi pedagogici in cui il bambino è attore principale

I gruppi non sono numerosi, spesso nella fascia 3-6 anni il rapporto con gli “accompagnatori” è di 1 a 6. La scelta del nome non è casuale. Il loro obiettivo non è insegnare ma seguire la spontanea crescita e curiosità dei bambini. 

Attenzione, gli accompagnatori sono professionisti non persone scelte a caso. Nelle scuole ho incontrato maestri, educatori, pedagogisti, psicologi, musicoterapisti che insieme hanno strutturato quotidianità a misura di bambino. Il personale è formato, specializzato e aggiornato.

I pasti sono spesso preparati nella cucina della struttura, che somiglia alle cucine di noi tutti. Molti scelgono menù vegetariani in cui utilizzano prodotti locali. Qui i bambini mangiano insieme, supportandosi l’uno con l’altro verso una maggiore autonomia. Al posto della tonnellata di plastica usa e getta a fine pasto ogni bambino sparecchia, anche se le stoviglie sono in ceramica o vetro. E poi, insieme sistemano sedie e c’è persino chi cerca di passare la scopa a modo proprio.

Il contatto con la natura

Una delle cose che più mi ha colpito arrivando in molte di queste scuole è stato proprio il caos di scarponcini e stivali fuori dalla porta d’ingresso. I bambini escono, respirano la libertà che gli è dovuta e che gli serve per svilupparsi e fiorire! La natura è maestra di scoperte e intuizioni, si esplora e a volte ci si prende cura di orto e animali.

A misura di famiglia

I genitori dei bambini frequentanti sono coinvolti attivamente nell’organizzazione e non soltanto per portare l’ennesima confezione di sapone per la mani o carta igienica. Viene richiesto aiuto per la pulizia degli spazi o per lo svolgimento di alcune gite. Qui ogni genitore può entrare e condividere parte della giornata con il gruppo, ho visto persone togliersi le scarpe e prendere un caffè con le maestre, potersi sedere e giocare con i propri figli senza quella spiacevole fretta che fa somigliare tutto alla consegna (o al ritiro) di un pacco. C’è un racconto della giornata, delle attività e degli obiettivi sul bambino, non solo sulla classe.

Parliamo di rette

Ovviamente per sostenere tutto ciò c’è bisogno di fondi che si ottengono grazie alle rette. A volte si parla di 300€ a volte di più, spesso l’investimento è strettamente legato al funzionamento della scuola stessa, c’è poco guadagno per gli amministratori. 

Cosa ne penso?

A costo di risultare dura e giudicante credo che investire in questo tipo di istruzione possa costituire una valida alternativa a molte scuole pubbliche dove incontri facce e didattiche uguali da 100 anni. L’idea che un bambino possa avere un’istruzione alternativa che non lo costringa in un banco per 6 ore consecutive ma che lo inviti ad essere curioso, a stupirsi e attivarsi concretamente per esplorare il mondo mi fa sperare in un mondo migliore in cui il bambino – e gli adulti –  potranno essere ciò che vogliono.

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